martedì 29 giugno 2010

Chi, via la rubrica di Hunziker-Bongiorno


Dopo UN ARTICOLO (non pubblicato) su UN CASO DI DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
«Non in linea con ottimismo del giornale»
Le fondatrici di Doppia Difesa: nessuno ci ha avvisato. Signorini: «Per tre anni i lettori non se la sono filata»
ROMA - «Tagliare una rubrica senza avvisarne le titolari è una mancanza di stile, ma ciò che ci lascia sgomente e ci offende profondamente è la ricostruzione dell'accaduto fornita dal direttore di Chi: ricostruzione che contrasta con i fatti e le dichiarazioni dei suoi collaboratori». È gelida la nota diffusa da Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker, dopo la decisione di Alfonso Signorini di fare a meno della pagina intitolata "Doppia Difesa" (come la fondazione omonima che tutela le donne vittime di violenza e discriminazione).
SIGNORINI - Il direttore del settimanale Chi si era difeso dalle accuse in un'intervista al Giornale. «"Doppia Difesa" è andata avanti per tre anni e non se l’è mai filata nessuno. Adesso che ho deciso di toglierla scopro che era un cardine del pensiero nazionale - ha affermato Signorini -. L'idea che qualcuno abbia voluto imbavagliare la Bongiorno è patetica». La ragione della scelta, spiega, è in un’indagine di mercato su un campione di 10mila lettori che «hanno bocciato la rubrica». Il giornalista era stato attaccato domenica dal direttore del Secolo d'Italia Flavia Perina: «La cancellazione è avvenuta con modalità tali da avvalorare il sospetto una meschina ritorsione per il ruolo politico svolto dalla Bongiorno in commissione Giustizia - aveva dichiarato a Post, il giornale online diretto da Luca Sofri -. È evidente che la scelta risponde a logiche diverse da quelle giornalistiche. Il lavoro portato avanti dall'associazione fondata da Giulia e Michelle è stato uno dei fondamenti della legge contro lo stalking, una delle poche riforme vere di cui può vantarsi il centrodestra».
LA RICOSTRUZIONE - La presentatrice tv e la presidente della commissione Giustizia della Camera ricostruiscono la vicenda punto per punto. «Il 18 giugno come di consueto, è stata inviata via e-mail la rubrica della fondazione Doppia Difesa alla redazione di Chi: il tema era un caso di discriminazione razziale che aveva per protagonista una giovane immigrata del Camerun (la mail, con la prova dell'avvenuto invio, è nel nostro archivio). Questa rubrica non è mai stata pubblicata, ma nessuno ce ne ha dato avviso preventivamente. Ci siamo accorte della mancata pubblicazione, con grande stupore, giovedì 24 giugno, quando abbiamo aperto il nuovo numero di Chi». Una collaboratrice dello studio Bongiorno e di Doppia Difesa, l'avvocato Maria Chiara Parmiggiani, «pensando a un disguido, ha subito telefonato al vice caporedattore Daniele Antonietti - suo interlocutore abituale per la rubrica - e ha chiesto spiegazioni: le è stato detto che avrebbe dovuto chiederle al direttore Alfonso Signorini o al vicedirettore Massimo Borgnis». L'avvocato Parmiggiani, prosegue il racconto, «ha cercato immediatamente di mettersi in contatto con il dottor Borgnis, ma la sua segreteria le ha risposto che era impegnato e che l'avrebbe richiamata appena possibile. Venerdì 25 giugno, Borgnis ha comunicato all'avvocato Parmiggiani che: a) la rubrica era stata soppressa (non si era trattato dunque di un disguido relativo soltanto al numero in questione); b) non si era trattato di una decisione del direttore, bensì di una «scelta editoriale»: dai sondaggi è infatti emerso che la rubrica di Doppia Difesa era quella meno in linea con lo «spirito ottimistico e speranzoso del giornale».
NESSUN AVVISO - A questo punto, l’avvocato gli ha fatto notare che, in ogni caso, «sarebbe stato doveroso da parte della redazione avvisare in anticipo l'avvocato Bongiorno e la signora Hunziker». Prosegue il comunicato: «Il dottor Borgnis si è scusato e ha chiesto di parlare con l’avvocato Bongiorno per spiegarle le ragioni della mancata comunicazione, che a suo avviso era da attribuire a un difetto di coordinazione. Quindi è evidente che abbiamo già ricevuto le scuse di Chi per un fatto che oggi è negato dal dottor Signorini. Noi non abbiamo fatto deduzioni né illazioni sulle ragioni della scelta dell’editore (come, in passato, nulla avevamo obiettato quando si è scelto di non pubblicare alcune rubriche). Per il resto, ci limitiamo a osservare - concludono Bongiorno e Hunziker - che non era necessario attendere tre anni, tanto meno fare un sondaggio, per scoprire che una rubrica che affronta il tema delle violenze, delle discriminazioni e degli abusi non è allegra. Siamo comunque orgogliose del fatto che decine di testate si siano già dette pronte a ospitare questa rubrica».
«NULLA È PER SEMPRE» - Il botta e risposta non è finito e Signorini ha replicato alle due rubrichiste rivendicando il suo diritto di apportare modifiche al giornale, a maggior ragione in occasione di un restyling, anche eliminando rubriche "storiche": «Nulla è per sempre e "Doppia Difesa" non è la sola rubrica a non essere riconfermata nella nuova veste di Chi» spiega. Con una nota ha poi confermato la propria ricostruzione dell'accaduto, ribadendo di aver avvisato Bongiorno e Hunziker del cambiamento. Signorini si dice «sgomento e profondamente offeso dalla totale mancanza di gratitudine per questi tre anni di massima disponibilità offerta loro».
Redazione online

venerdì 18 giugno 2010

CN FNSI: "PREOCCUPAZIONE PER L'EMARGINAZIONE DI PROFESSIONISTI AL TG1"

Il Consiglio Nazionale della Stampa Italiana, riunito ieri a Roma, 17
giugno 2010, ha approvato all’unanimità il seguente ordine del giorno:
“Il Consiglio Nazionale della Fnsi stigmatizza l'epurazione dai propri incarichi di
giornalisti del Tg1 che hanno costruito il tessuto professionale e contribuito
all'autorevolezza e alla credibilità del primo giornale del servizio pubblico
nazionale. Il C.N. esprime, inoltre, preoccupazione per la progressiva
marginalizzazione di professionisti considerati non allineati dalla direzione
Minzolini. Ciò è tanto più allarmante in presenza di un piano industriale
dell'azienda teso al ridimensionamento degli spazi informativi in tutte le testate
giornalistiche del servizio pubblico.
Il Consiglio Nazionale esprime stima e solidarietà alla consigliera Maria Luisa
Busi per il coraggio e il disinteresse personale dimostrati nel rinunciare, cosa
rara in una società che vive di esaltazione della immagine, alla conduzione in
video della principale edizione del primo tg del Paese. Questa scelta è stata
fatta con grande coerenza da Maria Luisa Busi dopo avere, da professionista e
da sindacalista, mosso critiche costruttive con l'unica preoccupazione per la
possibile perdita di ascolto e di credibilità della propria testata”.
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mercoledì 26 maggio 2010

Marialuisa Busi: Dal Tg1 è scomparso il paese reale

AL Dott. Augusto MINZOLINI
Al CDR
p.c. Dott. Paolo GARIMBERTI
p.c. Prof. Mauro MASI
p.c. Dott. Luciano FLUSSI
Caro direttore,
ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell’edizione delle 20 del TG1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali.
Questa e’ per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilita’ nei confronti dei telespettatori. Come ha detto il presidente della Commissione di Vigilanza RAI Sergio Zavoli : “la piu’grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identita’, parte dell’ascolto tradizionale”.
Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perche’ e’ un grande giornale. E’ stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati.
Questo e’ il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non e’ mai stato il giornale di una voce sola.
Oggi l’informazione del TG1 e’ un’informazione parziale e di parte.
Dov’e’ il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d’Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perche’ negli asili nido non c’e’ posto per tutti i nostri figli?Devono farsi levare il sangue e morire per avere l’onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell’Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perche’ falliti?
Dov’e’ questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell’Italia esiste. Ma il tg1 l’ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.
L’Italia che vive una drammatica crisi sociale e’ finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un’informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull’inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l’infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della piu’ importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di piu’ alto profilo e interesse generale.
Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, puo’ soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell’affidamento dei telespettatori e’ infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E’ lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori.
I fatti dell’Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E’ quello che accade quando si privilegia la comunicazione all’informazione, la propaganda alla verifica.
Un’ultima annotazione piu’ personale. Ho fatto dell’onesta’ e della lealta’ lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non e’ tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente. Pertanto:
1) respingo l’accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo gia’ mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralita’ delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma e’ palese che non c’e’ piu’ alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta e’ fuori, prima o dopo.
2) Respingo l’accusa che mi e’ stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza e’ quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.
3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l’intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all’azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di “danneggiare il giornale per cui lavoro”, con le mie dichiarazioni sui dati d’ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni.
Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: “il tg1 dara’ conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgera’ i fatti in ossequio a campagne ideologiche”. Posso dirti che l’unica campagna a cui mi dedico e’ quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto.
Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni.
Sono stata definita “tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali” e via di questo passo. Non e’ cio’ che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale.
A queste vigliaccate rispondera’ il mio legale. Ma sappi che non e’ certo per questo che lascio la conduzione delle 20.
Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto.
Non di ammirazione viviamo,dice, ma e’ di rispetto che abbiamo bisogno.
Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verita’. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere.

Marialuisa Busi

Roma, 20 maggio 2010

Ferrario: il Tg1 perde credibilità

"Guardo con tristezza i commenti e le recriminazioni affissi sulla bacheca del Tg1. Tristezza per il violento scontro in atto in una redazione che in passato, sin dai tempi della P2, ha conosciuto momenti difficili ma che non era mai arrivata ad un livello così basso. Stare in questo giornale da anni, avere svolto ruoli di line, avere avuto la responsabilità di trasmissioni,avere fatto l'inviata in aree di crisi, e avere condotto varie edizioni del TG -come ha ritenuto necessario ricordare all'Italia sui giornali il direttore- mi ha consentito di maturare l'esperienza giusta per fare alcune riflessioni sul disastro che si sta consumando al TG1 e che l'ambizione di alcuni e la paura di altri impedisce di dichiarare apertamente.
L'ambizione professionale è legittima,ma va circoscritta dentro regole chiare che facciano da guida al percorso professionale di tutti. Proprio di tutti e non solo di alcuni.
Chi è cresciuto in questo giornale sa che una volta le regole c'erano e c'era qualcuno che le faceva rispettare,forse per senso morale ma anche perché questo garantiva un ambiente di lavoro accettabile.. Da troppo tempo le regole sono state fatte saltare e questo ha messo gli uni contro gli altri. Il disagio è aumentato a livelli insopportabili e chi lo nega o è insensibile o è guidato da altri interessi.
Quello che sta accadendo da mesi in questo giornale,le emarginazioni di molti colleghi, i doppi e i tripli incarichi di altri, le ripetute promozioni e le ricompense elargite sotto forma di conduzioni e rubriche sono il frutto di una deregulation che viene da lontano ma che si è ulteriormente inasprita e che a mio parere non promette nulla di buono per il futuro e ci sta portando ad una perdita di credibilità del TG1.
Da mesi siamo sui giornali,sotto pressione non certo per gli scoop che abbiamo messo a segno, perché non vedo scoop da tanto tempo,ma per le aspre polemiche che ci circondano. L'esperienza del passato mi insegna che è un cattivo segno quando si incomincia a guardare in quale fascia di età stiamo recuperando ascolti, quando è davanti agli occhi di tutti che siamo sempre sotto il 30 % di share. Una soglia -quella sotto il 30 %- che una volta temevamo di toccare e vivevamo come una sconfitta.
Vorrei ribadire che il TG1 è un patrimonio di tutti quelli che ci lavorano e non solo di alcuni giornalisti che vorrebbero appropriarsene facendo fuori professionalmente gli altri.
Anche questo non porterà nulla di buono, perché la credibilità del Tg1 nel passato era data proprio dalla ricchezza delle tante sensibilità culturali presenti in redazione, e dalla sintesi delle riflessioni che ne nascevano. Tutto questo non accade più da tempo,le riunioni sono un rituale stanco dove non si discute per timore di essere vissuti come dei disturbatori e quindi puniti.
Io credo si debba tornare a quel pluralismo di idee che ci portava a fare un giornale ,magari istituzionale e un po' noioso,ma rispettato e credibile. Un giornale che non inseguiva la superficialità e non era fazioso. Perchè questo viene chiesto al TG1.
Invito tutti quei colleghi che in questo momento sono accecati dalle sirene dell'ambizione e che vedono a portata di mano l'opportunità di avere tutto e subito con una semplice firma,di fermarsi a riflettere. Con il loro comportamento stanno infliggendo un duro colpo al patrimonio del TG1 dando un pessimo esempio ai colleghi più giovani. Vorrei anche ricordare che chi cede alla tentazione prima o poi riceve un conto molto salato da pagare. Il problema è che quel conto rischiamo di pagarlo tutti!

P.S. in ricordo dei bei tempi andati quando davamo le notizie esatte,vorrei precisare che è sbagliato dire che sono 28 anni che conduco il TG, come ha ritenuto opportuno dichiarare il direttore ai giornali. Sono di più . E lo considero un merito,non una colpa o un demerito da sventolare sui quotidiani!!! Ma lo stile non è di questi tempi."
Tiziana Ferrario

Roma,11 Aprile 2010

Un osservatorio sulla presenza di genere nei palinsesti Rai

Un osservatorio indipendente che analizzi da un punto di vista quantitativo e qualitativo la presenza di genere nei palinsesti nella tv pubblica. La proposta, contenuta in un emendamento al Contratto di Servizio della Rai, oggi è al voto della Commissione parlamentare di vigilanza.
L’Usigrai e la Federazione della Stampa ritengono che questo Osservatorio possa rappresentare un primo passo per arrivare a un profondo cambiamento dell’immagine e dell’uso della donna in televisione, troppo spesso oggi ridotta solo al suo corpo da mostrare come una merce.
Gli spettacoli, la pubblicità e anche i programmi di informazione sono complici di una visione umiliante della donna, fatta di esposizione di corpi spogliati o poco vestiti, di ammiccamenti, di atteggiamenti seduttivi, a tutte le ore, proponendo modelli femminili subalterni e figli di una cultura profondamente maschilista.
Rispondendo anche agli appelli che vengono dalla società civile, riteniamo sia necessario e urgente fermare questo scempio dell’immagine femminile che si compie attraverso la televisione.
L’Osservatorio indipendente può essere uno strumento per aprire la strada verso un cambiamento di rotta.
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